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Tony Effe e la storia della censura della canzone italiana

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Dopo l’esclusione di Tony Effe dalla lista di artisti che si esibiranno per il concerto di Capodanno a Roma, molti artisti e la FIMI si sono espressi a suo favore parlando di una censura violenta.
In merito alla questione, molti esperti si sono domandati se si trattasse di una vera censura. L’Italia non è nuova all’uso della censura come mezzo di controllo e di repressione di tutte quelle azioni che allontanano la società da comportamenti “indecorosi”.

Testi troppo sessisti”: bavaglio all’arte?

La notizia dell’esclusione del trapper romano ha scatenato una discussione sui social molto accessa. Molti artisti come Mahmood e Mara Sattei, invitati allo stesso evento, hanno deciso di non partecipare all’evento, per solidarietà nei confronti del proprio collega.

Ciononostante, molte persone si interrogano se parlare di censura non sia forse un po’ esagerato dal momento che l’artista in questione svolge tranquillamente tour, concerti e la sua musica passa in diverse radio. Che la sua libertà di espressione non sia in alcun modo compromessa lo prova anche il concerto capitolino, poi annunciato da Tony pochi giorni dopo, al palazzo dello sport di Roma. Quindi usare il termine “censura” per descrivere questa situazione è completamente inappropriato, anche perché la censura è ben altra cosa.

La censura della musica italiana

Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, la censura musicale divenne un uso sempre più comune per controllare la moralità e garantire il decoro. Canzoni con tematiche considerate troppo esplicite, o che trattavano argomenti come la sessualità, il consumo di droghe o il dissenso sociale, venivano censurate. Un esempio emblematico di questa censura è la canzone “L’ultima occasione” di Mina, che nel 1959 fu oggetto di censura per il suo testo ritenuto troppo audace.

Negli anni ’70, la censura musicale divenne più politica. Durante gli anni del terrorismo e delle tensioni politiche, alcune canzoni definite troppo eversive contro il governo o il sistema politico vennero censurate. Fabrizio De André, maestro della musica leggera italiana, venne spesso criticato per il suo impegno politico e per i suoi riferimenti alla criminalità, all’anarchia e alla società. Un caso emblematico di censura politica fu quello di “La canzone del capitano” di Francesco Guccini, che nel 1974 fu censurata dalla Rai perché ritenuto troppo provocatorio e “pericoloso” per essere trasmesso in pubblico. Guccini venne nuovamente criticato per un’altra canzone dal titolo “Dio è morto”.

La censura musicale in Italia iniziò a diminuire verso gli anni ’80 e ’90, anche grazie alla crescente apertura sociale e culturale e alla maggiore libertà di espressione. Tuttavia, non mancarono episodi di censura, come nel caso della canzone “Per Elisa” di Alice, che fu criticata per il suo testo ambiguo, che alcuni interpretavano come un riferimento alla droga.

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