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Viesti e l’inganno sui LEP in base regionale. Presentata interrogazione parlamentare

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Gianfranco Viesti lancia l’allarme sui LEP: “Cassese sta preparando l’imbroglio dei nuovi Lep”. Il 25 settembre riunione del Clep per approvazione del documento. Presentata interrogazione parlamentare

La denuncia in un articolo pubblicato da “Il fatto quotidiano” il 20 settembre e ripreso da alcune testate. Ha fatto subito seguito una interrogazione parlamentare presentata da Marco Sarracino, responsabile Coesione territoriale Sud e aree interne nella segreteria nazionale del Pd e rivolta al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro per gli Affari Regionali e l’autonomia e al Ministro dell’Economia.

in una nota comunica che:

«Alla fine con l’autonomia differenziata la secessione è arrivata. Come emerge oggi sulla stampa in un articolo del professor Viesti, una commissione di dodici esperti, presieduta dal professor Cassese, praticamente in gran segreto, sarebbe pronta a determinare che i fabbisogni standard, per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni, verranno calcolati in base alle caratteristiche dei diversi territori, clima, costo della vita e agli aspetti sociodemografici della popolazione residente. Praticamente una vera e propria differenziazione dei diritti in base al territorio in cui si vive. Si sancirebbe per legge che in Italia debbano esistere cittadini di serie A e cittadini di serie B. Per questo abbiamo subito depositato una interrogazione parlamentare e chiediamo una audizione urgente del professor Cassese in Commissione Bilancio e in Commissione per le Questioni regionali affinché si faccia una vera e propria operazione verità su come verranno determinati e finanziati i livelli essenziali delle prestazioni».


di seguito il testo dell’interrogazione di Sarracino:

«si apprende da notizie di stampa che il Clep, il Comitato presieduto dal Prof. Sabino Cassese per la definizione dei Lep sarebbe convocato per il prossimo 25 settembre; in questa riunione il Clep dovrebbe approvare un fondamentale documento propedeutico alla determinazione dei fabbisogni e quindi dei diritti in ottica autonomia differenziata; sempre da notizie di stampa prevederebbe che i fabbisogni dei costi standard sarebbero determinati sulla base delle caratteristiche dei territori, del clima, del costo della vita e della demografia; alla luce di questo impianto ove confermato ci troveremmo di fatto ad una differenziazione dei diritti sulla base di criteri che andrebbero a mortificare le aree interne e il Mezzogiorno; è noto infatti che nelle aree interne e nel Sud il costo della vita è più basso e il suo trend demografico è in piena glaciazione visto il costante e progressivo spopolamento, ma questo non significa che si possano produrre servizi a costi procapite inferiori; subordinare la definizione dei Lep a questi criteri così come intenderebbe fare il Clep costituirebbe un pregiudizio nella declinazione dei diritti costituzionali per le popolazioni residenti nelle aree interne e al sud in particolare su sanità, istruzione, servizi all’infanzia e mobilità; in considerazione della rilevanza del presunto documento si chiede al governo di informare la Camera dei Deputati sulla attendibilità della notizia e se davvero è intenzione dell’esecutivo subordinare i Lep a criteri che finirebbero per assecondare una logica mortificante per le aree deboli del Paese, non solo del Mezzogiorno, riproducendo la logica secessionista che dove c’è maggiore ricchezza ci siano anche migliori servizi».

Di seguito l’articolo del professore Viesti

«Molte importanti vicende relative all’autonomia differenziata sono state e continuano a essere caratterizzate dal segreto: per i suoi promotori è opportuno che i cittadini non siano informati (se non a cose fatte), di quel che si viene decidendo. È quel che è successo con la lista delle 500 funzioni trasferibili alle Regioni, prodotta da Calderoli e mai resa pubblica. È quel che continua a succedere riguardo ai Lep (livelli essenziali delle prestazioni): si tratta dei diritti che devono essere garantiti, con apposite risorse, a tutti gli italiani, ovunque vivano. Quante risorse? Dove? Tema caldo, come si vede anche dalle recenti prese di posizione di Forza Italia. La questione è complicatissima, ma il suo senso profondo dovrebbe essere chiaro.

Il Clep è un importante Comitato guidato da Sabino Cassese, che dopo iniziali posizioni molto preoccupate è divenuto uno dei principali sostenitori del progetto leghista di differenziazione, fatto proprio dall’intero governo. Il Clep ha compiuto una ricognizione legislativa dei Lep. Lo ha fatto, come ha tenuto a scrivere l’ex governatore Visco prima di lasciare la carica, “in termini troppo generici”. E non per quelli relativi alle materie già di competenza regionale, che dovrebbero essere il punto di partenza dei meccanismi finanziari validi per tutti; solo di quelli relativi alle materie che le regioni “secessioniste” pretendono che lo Stato ceda loro. Ora si tratta di associare a questi diritti numeri precisi: il fabbisogno finanziario. Punto cruciale: più basso è, più resta lo status quo (a danno dei cittadini delle regioni più deboli) e si giustifica la pretesa del governo di non stanziare risorse aggiuntive. Per definire i principi su cui basarsi per i conti è stata nominata da Cassese una Commissione di dodici esperti. Praticamente tutti sostenitori dell’autonomia differenziata. Il presidente, un ex deputato veneto del Pd (Stradiotto) che lavora da tempo sul federalismo fiscale: anche nel periodo in cui fu deciso che laddove non c’erano asili nido, il fabbisogno era conseguentemente pari a zero. E che le donne si sarebbero dovute arrangiare. Fra gli altri, la potente presidente (D’Orlando) della importantissima Commissione tecnica fabbisogni standard (Ctes, di cui si dirà fra un attimo), fino a poco fa consulente di Zaia; un docente (Giovanardi) che è tuttora contemporaneamente consulente di Zaia e componente della Ctes; un altro (Guzzetta) determinatissimo sostenitore della “secessione dei ricchi” e già consulente della Lombardia. L’elenco potrebbe continuare, includendo alcuni esponenti meridionali assai contigui al governo, fra cui l’onnipresente presidente dell’Anvur, Uricchio.

25 settembre riunione del Clep

Cassese ha convocato per il 25 settembre una riunione del Clep per approvare il documento predisposto dai 12: che nonostante l’avversione di alcuni suoi componenti per la discussione pubblica è stato possibile visionare. Un documento snello ma politicamente esplosivo; in esso si sostiene che i fabbisogni standard vanno calcolati “in base alle caratteristiche dei diversi territori, clima, costo della vita e agli aspetti sociodemografici della popolazione residente”. Dunque, i fabbisogni (e quindi i diritti) vanno differenziati. Innanzitutto, in base allo storico cavallo di battaglia della Lega, e cioè il supposto diverso costo della vita: dato che al Sud la vita costa meno, gli stipendi possono essere più bassi, e quindi il servizio deve costare meno; bastano meno soldi. Magari bastano già quelli che ci sono, e il governo fa tombola. Poi vanno differenziati in base alle dinamiche demografiche. Possibile interpretazione: dato che al Sud nascono meno bambini, perché spendere per gli asili nido? Invertendo la logica socioeconomica e politica, dato che la bassa natalità è anche conseguenza della relativa carenza di servizi. Chissà come verranno interpretate le caratteristiche climatiche. E c’è poi un jolly: le “caratteristiche dei diversi territori”.

In base a questi principi, la Ctes presieduta dall’ex consulente di Zaia, di cui si diceva, farà i calcoli: con metodologie estremamente complesse, sensibili ai criteri di partenza (specie se è chiaro il risultato che si vuole raggiungere). I suoi numeri, i fabbisogni finanziari, saranno impossibili da ricostruire e quindi da discutere. Il Parlamento e l’opinione pubblica dovranno passivamente accettarli, perché prodotti dagli “esperti”. Un processo pericolosissimo, sul quale sarebbe opportuna una attenzione assai maggiore dei parlamentari di opposizione. È la politica, e non dodici “esperti”, che deve definire alla luce del sole i criteri di calcolo: e questo prima che i dati vengano prodotti. È indispensabile un aperto dibattito pubblico. Non ne va solo della “secessione dei ricchi”, ma delle stesse modalità di funzionamento della democrazia nel nostro Paese».

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